RITMI NELLA COMPOSIZIONE
di Vittoria Coen

In principio fu il cuore, declinato in molteplici versioni.

Daniela Forcella è sperimentatrice eclettica di tecniche, forme, materiali. Inizia un percorso di ricerca che la porta, oggi, al terzo ciclo di lavori monocromi presenti in questa mostra. Ma da dove scaturisce questo ciclo?

L’inizio è costituito dall’individuazione di una forma leggibile, chiara, incontrovertibile, come è la rappresentazione del cuore. Il cuore èil centro, il simbolo - metafora del centro dei sentimenti, delle emozioni. Il cuore è movimento, ritmo.  Il cuore batte.

Forcella sintetizza in questa forma il suo pensiero, il suo io più profondo, riproduce il cuore, lo moltiplica e lo rende opera seriale, pop, in soluzioni dai toni vivaci, a tratti cangianti, fluo.

Realizzati con resine, questi cuori si innestano in reti metalliche, appaiono sospesi in bacheche di plexiglas che ne esaltano la brillantezza e li rendono oggetti accattivanti del desiderio. L’artista li chiama Marilyn, Games, evocando in questi ultimi il gioco infantile elegandoli, dunque, ad una memoria che appartiene a tutti noi, e, nello stesso tempo, caricandoli di significati simbolici che passano anche attraverso il dolore e le sofferenze del mondo. Essi rappresentano icone, timbri, sigilli,note di una sinfonia di emozioni dialetticamente contrapposte, presentati in una solo apparente immagine ludica.

Parallelepipedi, teche trasparenti, strutture a specchio (Little Tower), queste opere diventano sculture, installazioni (Light Wall, del 2015). In particolare mi colpisce un lavoro intitolato Nirvana, realizzato nel 2014, perché qui Daniela Forcella arriva ad esaltare  la materia attraverso l’inserimento dell’elemento luminoso, componente non certo secondaria, come si vedrà negli esiti successivi. E’ certamente vero, come è stato sottolineato anche dalla critica, che l’approccio culturale, nell’ambito del quale Daniela Forcella opera, è di matrice anglosassone, empirico, aperto e libero da sovrastrutture.

La nascita di una cultura visiva e artistica innovativa che coincise in Gran Bretagna con la seconda rivoluzione industriale e che portò William Morris a concepire l’arte a trecentosessanta gradi, non vide, in Italia, la stessa simultanea corrispondenza, per lo meno non prima della esperienza del Futurismo. Lo sperimentalismo di Daniela Forcella può abbracciare diverse soluzioni tecniche e formali che possono entrare anche nella sfera delle cosiddette “arti applicate”, che aprono alla conoscenza di ambiti che devono entrare in dialogo tra loro in una alterità culturale completa e totalmente libera, come fu nell’esperienza dei grandi artisti del passato, da Dalì a Cocteau, da Warhol a tutta l’arte concettuale degli anni sessanta, per non parlare solo di Marcel Duchamp. Se Little Marilyn ci porta inevitabilmente a pensare a Warhol, è pur vero che la rappresentazione del cuore pop ci riporta alla mente una figura che, nell’ambito dello stesso humus culturale, si staglia per la sua unicità, Jim Dine. Anche in Dine il cuore è un simbolo iconico forte e costante, un segno che tutti noi abbiamo scarabocchiato, almeno una volta nella vita, in un diario, in un qualsiasi foglio di carta, e oggi, virtualmente, lo inviamo dai nostri smartphone. “Un cuore è per sempre”, recita persino una pubblicità di bigioux, e il cuore dell’arte pervade le tele, gli oggetti d’uso quotidiano, il design, la sfera del fashion in un costante e globale ready made.

Nella ricerca di Daniela Forcella il cuore emerge come segno anche dalle sue Cartografie, create con legno, plexiglas, incisioni in 3D, colori fluorescenti. E’ un ciclo di lavori che nasce nel 2017, carte geografiche immaginarie che prendono forma e diventano sculture e installazioni, nelle quali un piccolo uomo, pensieroso, medita prima di affrontare un nuovo viaggio. I cuori, concavi o convessi, tracciano il percorso, e proiettano i segni e le suggestioni interiori, le nostre aspettative. Anche in questo caso, il processo seriale si ripropone. Cartografie- Frames, come la frammentazione dell’immagine di cui parla Walter Benjamin, si frappongono tra la nostra memoria e la narrazione contemporanea di un tempo che fluisce a ritmo sincopato, quel Broadway Boogie Woogie di mondrianiana memoria.

Negli ultimi lavori Daniela Forcella approda in modo più deciso e sistematico al monocromo, al colore unico. Monocromo non rappresentaunicamentel’uso di un solo colore, bensì unaidea, una visione estetica dell’arte. Il monocromo, che sovente comprende l’astratto, è legato concettualmente all’idea di azzeramento della narrazionestoricadi pittura e di racconto. Il tempo della realizzazione del lavoro, inoltre, è una componente molto importante. Forcella ama l’aspetto materico, e ciò si evince anche dalle ultime sperimentazioni. La trasformazione della materia, che sia pigmento, che sia carta velina, che sia sale, ad esempio, è parte integrante di un processo di vitale metamorfosi, di un’alchimia contemporanea.

L’idea di pittura senza immagine è la storia del linguaggio di una grande parte di artisti del ventesimo secolo;pensiamo ad artisti come Malevic che ha cambiato rotta dopo un’esperienza legata alla figurazione, stessa cosa possiamo dire per Kandinskij, anche se non possiamo non citareun artista del passato come William Turner, interpretato dalla critica addirittura come un pittore pre-informale, proprio per questa sua totale libertà di interpretare e non di descrivere.

La differenza, tuttavia, ormai risolta tra astrazione e figurazione ci permette, e permette a Daniela Forcella, di fare una ricerca personale senza pregiudizi formali o meglio, di forma.

Barnett Newman,nel suo saggio sul concetto di sublime, si scaglia contro un certo astrattismo, divenuto, secondo lui, puro ornamento manieristico. Ciò è dovutoad una cattiva interpretazione dell’arte primitiva e primaria.

L’artista si schiera a favore della purezzadell’arte che si disvela al mondo. La forma “plasmica”invece di quella plastica.

Nelle esperienze di Daniela Forcella c’è, in particolare, un viaggio in Israele che l’ha portata a riflessioni profonde sull’idea di conflitto, di spiritualità, di contraddizioni sociali, e i suoi lavori del periodo ne sono un’autentica testimonianza.

Quando sono entrata nel suo studio per la prima volta me ne ha subito parlato, esprimendo le sue sensazioni e dicendomi quanto avevano influito sulla sua ricerca. Con questo spirito si entra a poco a poco in una serie di lavori scuri, neri, grigi, bruni, mossi da segni che a volte sembranole tracce di pneumatici,ferite che, se osservate da diverse angolazioni, generano delle vibrazioni visive.

Linea, luce, ombra, colore e un’ampia possibilità di minime varianti sono il risultato delle emozioni, degli stati d’animo, ed è per questo che si esprimono attraverso cicli di lavori, come quelli realizzati recentemente in esiti monocromi: bianco, rosso, nero. In alcuni casi la superficie bidimensionale si inarca e crea una volumetria inaspettata, con la possibilità di creare anche dittici suggestivi. La pittura diventa, così, esperienza tridimensionale.

I lavori di Daniela Forcella sono il frutto di una meticolosa operazione alchemica. Creando matericità, volume sulla tela, facendo rivivere la carta, ad esempio, come in un’opera di colore azzurro, si gioca su un’identità sospesa e molteplice; stessa cosa avviene per un monocromo bianco fatto di sale.L’artista definisce e costruisce il lavoro, a poco a poco, passo dopo passo.

Il lavoro vive, fin dall’inizio di messa in - opera, in un processo evolutivo di cui si conosce l’incipit, ma che può sorprenderci nel risultato finale.

Da una vena affine alle esperienze Pop Forcella arriva al minimalismo assoluto, ma non in nome di un purismo che faccia pensare ad alcune esperienze degli anni sessanta, bensì ad una sintesi concettuale che dà particolare risalto alla tecnica e al materiale usato.

L’astrazione non è una assenza, ma un’estetica della percezione visiva.Forcella rende la propria astrazione unacifra concreta, vera, secondo la sua personale visione del mondo.

La progressione, l’evoluzione del lavoro rappresenta il fluire naturale di una spirale che guarda verso l’alto.

Il lavoro entra in relazione con lo spazio che lo accoglie, creando un dialogo silenzioso con esso. Daniela Forcella racconta le proprie emozioni, quegli stati d’animo che la portano a compiere il gesto animato da una ossessione positiva e costruttiva, quella indispensabile all’artista per dare vita alla sua interiorità nello spazio che è il luogo mentale e fisico, universo di valori, quelli nei quali l’opera d’arte si significa.

Rudolf Arheim parla della nostra incapacità di pensare uno spazio chiuso e nello stesso tempo aperto. Noi dobbiamo, dunque, pensarlo, solo astrattamente. L’arte non è un puro esercizio formale. E’, invece, un’espressione della mente e, soprattutto, quella che viene definita arte concettuale, possiede al suo interno la volontà dell’artista di esprimere un pensiero, cioè di far lavorare la mente e non solo l’occhio.

Per questo il segno, così come il colore, ci libera ormai dal vincolo di fermarci ad una immagine, alla descrittività, per quanto l’esercizio della monocromia è oggi praticato da molti artisti contemporanei che non cercano più una corrispondenza con gli aspetti fenomenici della natura, come fu, invece, per i pittori impressionisti, ma cercano l’essenza.

In questa riflessione non voglio certamente escludere a priori dal concettuale la presenza di una figurazione per arrivare a parlare di Cèzanne“astratto o figurativo”, o a sottolineare che l’arte astratta è “concreta”. Daniela Forcella interpreta il proprio tempo, non si guarda indietro, anzi, il suo sguardo si proietta sempre in avanti.

Del resto anche il passato è presente oggi e diviene automaticamente un’altra cosa. La superficie è come una pelle e la pelle è lo specchio, l’identità più visibile della nostra persona. La pelle invecchia con noi, è la nostra carta di identità. I segni che Daniela Forcella muove sulla superficie sono delle impronte, create con diverse tecniche molto elaborate. Come non pensare all’uso che ha fatto del polistirolo, materiale solo apparentemente statico e freddo che ricorda le opere di Rudolf Stingel nei lavori degli anni novanta, come Rooms of Love, esposti a Basilea qualche anno fa nella mostra Spirit of Love, piccole stanze (scatole) numerate, in mixed media.

L’analisi di un lavorointeressa la visione cosmologica delle complessità dell’oggi alla luce della storia, della filosofia, della ricerca scientifica e del pensiero contemporaneo fino alle nuove tecnologie.

Anche alcuni sperimentatori del passato si sono serviti di tecniche sempre meno “artigianali” e sempre più manipolate con inuovi media, alla ricerca di una interpretazione sempre più vicina alla propria contemporaneità. Le tecniche e le tecnologie consentono di ampliare ulteriormente i propri orizzonti, se ben utilizzate. Daniela Forcella, da moderna alchimista, trasforma la fragilità della carta in materia dura e forte, viceversa, utilizza i materiali duri in delicati giochi di trasparenze cariche di sentimenti.

Mi viene spesso in mente un pensiero espresso nel 1920 da NaumGabo, citato da Mario De Micheli nel suo libro Le avanguardie artistiche del Novecento, ”La più grande bellezza è un’effettiva esistenza. La vita non conosce né il bene né il male, né la giustizia come misura di morale…La vita non conosce verità razionali astratte come metro di conoscenza: il fatto è la maggiore e più sicura delle verità. Tali sono le leggi della vita”…

SPIRITUALITY IN THE MATERIAL

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Arti per la Consapevolezza Sociale:
Spiritualità nel Materiale
Intervento di DANIELA FORCELLA

Vetrina sul ruolo delle arti e delle nuove generazioni nell'ottica di una migliore e più rapida attuazione dell'Agenda ONU 2030, finalizzata ad una più profonda consapevolezza da parte della società in merito all'impegno sociale e alla salvaguardia dell'ambiente.

Luogo: Sala Conferenze 8, sede Nazioni Unite, New York City, USA
Data: venerdì 6 settembre 2019
Orario: 15:00 - 16:30

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CARTOGRAFIE

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Il viaggio iniziatico del ciclo "Cartografie", del quale ne è rappresentato il prologo con "A Memoria", prosegue il suo corso con "Frames".

Quattro singoli frammenti di territorio definiti e compresi in un 'fermo immagine' che come nella migliore filmografia, racconta la storia in un unico fotogramma.
Istantanee di territori disegnati in un bianco totale quasi abbagliante dove la solitudine dell'umana figura di rosso palpitante ci sembra ancora più marcata nella sua infinita potenza allegorica.
Il cambio di scala, pur mantenendo intatta la struttura del racconto, è il tema sul quale l'artista sta lavorando per la realizzazione dei lavori successivi a compendio dell'intero ciclo.
Del resto, il viaggio è appena iniziato e Frames non è che una delle tante tappe di un cammino che, a detta dell'artista, ha in serbo ancora molte sorprese.